Tra Dio e il Mondo
Di Mr. Frog, 15/12/2025.
Io sono uno di loro. Uno di quelli che esistono dove si trova nulla. Uno di quelli che la
mattina presto va a pescare e la sera tarda torna senza né pesci né canna.
Mi sveglio al primo squillo, mi addormento al secondo, mi sveglio al terzo e mi addormento
al quarto. Poi ricomincio.
La mia giornata consiste nel cominciare quando bussano e lavorare finché non se ne vanno.
Lavoro, lavoro, lavoro.
Vivo dove lavoro, dopotutto.
L'unico posto che conosco è questo, questa stanza; dove si trova un letto color sangue,
chiamato Peccato, un alberello di betulla in un vasetto d’argilla, chiamato Eden, una libreria
gigantesca, chiamata Deus, con centinaia di libri mai aperti, e un orologio a pendolo,
chiamato Tempus, da cui esce lo squillo che mi dice quando far cosa.
Poi c'è anche una sedia di legno che si trova rivolta verso un muro bianco: il mio lavoro
consiste proprio nel sedermi su questa sedia e tenere lo sguardo fisso davanti a me. Ogni
tanto da quei mattoni bianchi mi viene domandato qualcosa e sono tenuto a rispondere in
maniera impeccabile, ma non sempre: a volte per certe domande, tipo quelle in cui appare le
parole “Dio”, “Padre”, “Madre” o “morte”, posso non rispondere oppure semplicemente dire
qualcosa di molto vago e inesatto. Questo perché non posso dire quello che il muro non si
aspetta.
Quando sento squillare vuol dire che il mio turno è finito e posso tornare a dormire: mi alzo
dalla sedia e mi rannicchio per terra accanto al letto e mi addormento per qualche tempo
che non riesco a contare, forse perché inattivo in quegli istanti. Quando sento il terzo squillo
vuol dire che il mio turno ricomincia, però il mio lavoro ora cambia: adesso consiste nel
sedermi per terra davanti alla libreria e, senza fare il minimo movimento, fissarla con gli
occhi spalancati.
Nel mentre, ogni un po’, sento dei rumori intorno a me, nella stanza, ma non posso girarmi a
controllare: non sono tenuto a farlo. Se lo facessi finirei molto male, penso.
Quando sento squillare per la quarta e ultima volta, vuol dire che il mio turno è finito. Mi alzo
da terra e spolvero l’orologio. Infine mi sdraio supino accanto al letto e mi addormento per
pochi istanti.
Poi la mia giornata ricomincia: mi alzo, fisso il muro, mi addormento, mi rialzo, fisso la
libreria, spolvero l’orologio, mi riaddormento... e così via, per l’eternità.
Molti definirebbero la mia vita noiosa e monotona, ma io dico che è un grandissimo onore
vivere sapendo che le cose resteranno sempre uguali; è la miglior garanzia.